Scritto da museosartarelli
il
18 Giugno 2020
in News & Mostre
Qualche giorno dopo la pigiatura un tempo si sentivano le botti croccolare. Il mosto si muoveva, fermentava. Si spandeva il profumo tutt’intorno per una settimana-dieci giorni. Il contadino-cantiniere si adoperava controllando prima, travasando poi, assaporando qualche goccio. Poi cominciava il lungo silenzio. Il silenzio della cantina, il silenzio del contadino, il silenzio del vino. La cantina come una chiesa. Non bisognava fare rumore. Rispetto di una presenza. Rispetto per una trasformazione in atto. Rispetto per quello che avveniva nel ventre della botte, come nel ventre di una madre. Prendeva forma lentamente, secondo le leggi eterne della natura, una creatura che la terra aveva fatto nascere e che in fasi successive si stava trasformando. Un silenzio che non era assenza di vita e di movimento. Un silenzio che decantava impurità in movimenti impercettibili, che favoriva la colorazione e la trasparenza facendo acquistare al vino il suo giovane volto. Il contadino ne controllava la crescita e lo sviluppo, lo osservava in controluce, lo guardava con trasporto e simpatia, avvertendone tendenze e scrutandone il più piccolo dei difetti; qualche volta ti accorgevi che ci parlava pure dandogli magari qualche suggerimento che la pazienza e l’attesa sapevano diluire di settimana in settimana. Intanto il vino cresceva e maturava in quell’atmosfera di silenzio e di luce soffusa, con le azioni felpate e non violente del contadino che gli faceva quotidiana visita, attento ad ogni più piccola “mossa”. C’era in quel silenzio, quasi come scrigno di vita, il segno di un’intesa tra contadino e natura che nessuna parola avrebbe ben saputo dire, inscritta però in quell’ordine delle cose che da sempre ha governato il mondo. Anche il vino, quello buono, ha bisogno del silenzio. Ieri come oggi.
(2 ottobre 2012)
Riccardo Ceccarelli